Si riporta stralcio di interessante articolo apparso sul IlSole24Ore che torna sul tema importantissimo dell’obbligo di tracciabilità per il pagamento degli stipendi ai propri lavoratori dipendenti o dei compensi per i proprio collaboratori coordinati e continuativi e sulle sanzioni applicabili in caso di sua disapplicazione
Se il datore di lavoro non prova il pagamento della retribuzione con mezzi tracciabili incorre nella sanzione amministrativa calcolata per ogni mese a prescindere dal numero dei lavoratori interessati, anche in caso di sanzione per lavoro nero.
È quanto affermato dall’Ispettorato del lavoro in due note, la 473 del 22 marzo e la 606 del 15 aprile 2021.
L’Ispettorato, quindi, non attribuisce alcuna rilevanza, ai fini dell’esclusione della responsabilità del datore di lavoro, alla dichiarazione resa dal lavoratore che confermi di essere stato pagato con strumenti tracciabili. Infatti, l’ultimo periodo del comma 912 dell’articolo 1 della legge 205/2017 stabilisce che «la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione».
Il datore di lavoro dovrà perciò dimostrare che la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, sia stata corrisposta con:
- a) bonifico bancario sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore;
- b) strumenti di pagamento elettronico;
- c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
Con la nota del 22 maggio 2018 l’Ispettorato ha precisato che rientra tra gli “strumenti di pagamento elettronico” il versamento degli importi dovuti effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche se non collegata a un Iban. Il datore di lavoro dovrà, tuttavia, conservare le ricevute di versamento anche per esibirle agli organi di vigilanza.
L’Ispettorato, con nota del 10 settembre 2018, ha ritenuto valido il pagamento della retribuzione che venga effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni.
L’uso degli strumenti tracciabili non è obbligatorio per la corresponsione di somme diverse dalla retribuzione, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti; mentre per l’indennità di trasferta sarà necessario ricomprendere le relative somme nell’ambito degli obblighi di tracciabilità.
Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo della tracciabilità della retribuzione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5mila euro.
La violazione – precisa il parere dell’Ispettorato 4538/2018 – risulta integrata sia quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore, sia nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei sistemi legali di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia stato realmente effettuato. In sostanza, l’inosservanza si verifica anche nel caso di bonifico bancario in favore del lavoratore che venga successivamente revocato ovvero dell’assegno emesso che venga annullato prima dell’incasso.
Secondo la nota 5828/2018 la sanzione prescinde dal numero dei lavoratori interessati e dovrà calcolarsi in base alle mensilità per cui si è protratto l’illecito. Dunque, l’importo sarà pari 1.666,66 euro per ogni mese da pagarsi nel termine di sessanta giorni dalla notifica del verbale. Da ultimo con la nota 606 del 15 aprile 2021, l’Ispettorato ha escluso che possa operare il cumulo giuridico con l’applicazione della sanzione più grave incrementata fino al triplo; e ha confermato la possibilità di cumulare la sanzione per lavoro nero con quella sulla tracciabilità delle retribuzioni.
Infine, la nota 7369/2018 ricorda che in caso di pagamento in contanti per un importo mensile pari o superiore a 3mila euro, si applica anche la sanzione amministrativa da 3mila a 50mila euro, quindi molto più alta di quella stabilita per importi inferiori.